Zoom
by Albert Valloni
Turin, May 5, 2021
Scende subito in campo Roger Federer sventolando la ‘bandiera’ di un rosso vivace di Svizzera Turismo (di cui è diventato recente ambasciatore) e, senza perdere tempo, consulta con tocco sicuro l’agenda Rodolex (fitta di nomi di personaggi conosciuti durante la sua lunga carriera di tennista) che ha sulla scrivania e seleziona la lettera R di Robert De Niro, il grande leone di Hollywood (tutti conosciamo le sue apparizioni dai tempi di Taxi Driver del 1976 di Martin Scorsese a quelle più recenti della serie tv Netflix, The Irishman, in compagnia del regista ritrovato).
Gli basta una telefonata, una semplice telefonata per raggiungere la celebrity nel suo elegante loft a New York nel quartiere avveniristico di Tribeca, (dove ha sede l’omonima compagnia di produzione cinematografica, Tribeca Productions) per chiedergli se sarebbe d’accordo a girare un film ambientato nella beneamata Svizzera dedicato alle sorprendenti bellezze della natura. E la risposta è un secco e brutale no. Ma pur sempre giustificato…
Il Paese è troppo ‘picture perfect‘ (leggi idilliaco) per essere contemplato come trama e scenario dal leggendario Robert: i paesaggi sono magnifici, fatti di catene di montagne imbiancate costellate da laghi azzurrini, e da fiumi rutilanti che tagliano boschi lussureggianti.
Cosa manca, dunque, alla Svizzera per essere perfetta agli occhi del divo di Hollywood? Il Pathos, materia prima di cui si cibano tutti i grandi attori. Ecco il problema. De Niro sa bene che il Paese elvetico ha tutti gli ingredienti giusti per essere un Paese da Favola e infatti non esclude, pungolato dalle proposte suadenti di Federer, di visitarlo un giorno con lui, magari su un paio di sci lungo pendii immacolati. Ma è ovvio che i personaggi da lui intepretati lasciano delle ferite profonde nell’animo. Come in Toro Scatenato dove si è calato nella pelle del boxeur Jake LaMotta in modo così efficace che il ruolo gli è valso un Oscar nel 1980 come miglior interprete protagonista, o ancora l’indimenticabile e convincente trafficante di cocaina di Scarface: 1993 per la regia di Brian De Palma
Bobby Milk, come veniva scherzosamente chiamato per il suo pallore dai ragazzi con cui è cresciuto a Little Italy, quartiere italiano di Manhattan -il papà, Robert De Niro sr., pittore, era di origine molisana- dovrebbe ripensarci, un pó di sole e respirare aria buona di montagna gli farebbe bene. Ma non sarà un paesaggio da favola a far guarire il suo malessere più profondo. Almeno non a questa saggia età.
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