By Sauro Scagliarini
Che dire? Non era certo uomo del suo tempo Ermenegildo Zegna, piemontese di ceppo, quando nel 1930, appena vent’anni dopo aver fondato l’eponima azienda tessile che all’epoca vantava già 1000 operai al lavoro, decise, estasiato dalla singolarità del paesaggio, di trasformare quelle terre dal manto smeraldino delle Prealpi Biellesi, attorno a Trivero, sede del lanificio, in un’oasi naturale, dedicandosi alla preservazione e riforestazione del territorio.
Prima ancora di essere considerato a tutti gli effetti un imprenditore avveduto -ebbe intuizioni davvero geniali, non solo quella di rilevare i telai e i mulini dal padre Angelo, ma anche di andarsi a cercare le lane merinos migliori al mondo, spingendosi sino in Australia dove l’azienda, ancora oggi, resta l’ acquirente di maggior prestigio-, era un ecologista ante-litteram che aveva capito quanto la bellezza, andasse ben oltre la consistenza della lana, o del disegno e taglio di un vestito (benché Zegna firmi i migliori al mondo, un successo confermato dal suo fatturato) e si riflettesse nello spettacolo della natura, da ammirare anche in movimento.
Oggi i suoi discendenti, giunti felicemente alla quarta generazione, (come Gildo e la sorella Anna, dalla verve eccezionale, e il cugino Paolo a capo della divisione vestiti), hanno raccolto la sua esperienza e, se possibile, reso ancor più unico quest’angolo di territorio nel biellese, trasformandolo in un paradiso per tutti gli amanti delle due ruote: dai professionisti ai dilettanti.
Che possono approfittare, in un’area circoscritta e protetta, di tracciati graziosi, a cominciare dai nomi, come quelli che si snodano tra il Sentiero del Lupo e la Conca dei Rododendri, o affrontare il Giro della Civetta e la Strada delle More, all’ombra del non lontano Monte Rosa, dove scorre una strada ricca di storia, come la Panoramica Zegna. Considerata la carrozzabile, più alta della zona, era stata progettata negli anni 1930, appunto da Ermenegildo Zegna, come un testamento spirituale: nella sua visione doveva essere l’anello di congiunzione tra il mondo alpino e quello laniero. Che bel regalo ha lasciato alle nuove generazioni! Altri imprenditori del tessile, o della moda (specie i nouveaux riches) avrebbero preferito investire i loro profitti in catene alberghiere.
Ritagliata tra betulle, conifere e faggete, alpeggi e rifugi di pastori, a 1000-1500 metri, all’altezza dei valichi tra Monte Rubello, Cima della Ragna, Monte Moncerchio e il Monticchio, la Panoramica fu costruita all’insegna del sacro e del profano: dalle montagne di Trivero, a Levante, doveva puntare a Ponente, verso il cuore storico, geografico e spirituale della zona, quel Santuario di Oropa proclamato, con i Sacri Monti di Piemonte e Lombardia, sito di protezione UNESCO. Lo stesso santuario dove il 20 maggio si è chiusa la 14° tappa del Giro d’Italia 2017 e che, nel Giro del 1999, fu scenario della leggendaria scalata del campione Marco Pantani.
Su questa Panoramica, per 26 km racchiusa nel progetto di valorizzazione ambientale dell’Oasi Zegna, si è svolta la Pedalata sportiva dell’11 giugno accompagnata da Paola Gianotti, la giovane ciclista di Ivrea reduce dalla sua ultima impresa, la traversata del Giappone con cui intende raccogliere fondi per regalare, attraverso Africa Mission, biciclette alle donne dell’Uganda. Nel 2014 Paola coprì il Giro del Mondo in bicicletta in 144 giorni ed entrò nel Guinness World Records per “la più veloce circumnavigazione in bicicletta al femminile”. Organizzata dall’Oasi Zegna, la ciclosportiva ha preso l’avvio dalla località di Bielmonte, a 1468 metri di altitudine, e ha avuto come punto di ritrovo l’Albergo Bucaneve che era stato progettato come rifugio, negli anni Sessanta, dall’architetto Luigi Vietti. Non competitiva, per bici da strada e aperta a tutti, la pedalata ha avuto come guida Emanuele Belletti di Nonsolomtb. Il percorso, una sorta di cuore allungato verso Oriente, è di 56 km totali, su asfalto, talvolta irregolare, con un dislivello di 1580 metri, da coprire in senso orario in circa 4 ore di pedalata effettiva.
Le curve più impegnative ci attendono prima di Trivero, sede del Lanificio Zegna, della Casa e degli Archivi, il posto dove è inscritta la storia del Lanificio fondato nel 1910, raccontata attraverso insoliti “capitoli”: quei campionari con le note a mano di Ermenegildo su come lavorare vigogna, cashmere e lana merino provenienti da Mongolia, Tasmania, Argentina e Perù. Dopo 11, 8 km, alla prima rotonda, a Trivero, tenendo sulla sinistra il lanificio, si prende a destra in direzione di Biella. Comincia così una parte molto piacevole del percorso: un morbido saliscendi a mezza costa, tra i 600 e i 700 metri di altitudine, tra paesini remoti, piazzette porticate, chiese e torri campanarie ancora sonanti. Dopo 15,3 km, prima di Crocemosso, all’incrocio a T si continua a destra, verso Ponente, seguendo i cartelli Sella e Mosso. Al 17,6 km circa si arriva nella piazza di Mosso con bel campanile in pietra con bifore. A destra, in leggera salita, si prosegue per Veglio. Superato l’alto ponte di Veglio-Pistolesa, dopo 20,4 km dalla partenza, a Veglio si segue per Camandona, quindi, al 22,5 km per Andorno. Mancano le indicazioni al successivo incrocio a T, al 25,6 km, ma si continua a destra sempre verso Ovest e si segue per Andorno. Al km 31,6 si imbocca, alla rotonda, la seconda a destra per Andorno Micca, nella Bassa Valle del torrente Cervo, in una piana alluvionale nelle Prealpi biellesi, zona vocata alla produzione artigianale di cappelli. Si comincia a risalire il Cervo. La strada corre lungo la sinistra orografica del torrente e, a Sagliano Micca, dopo circa 33 km dalla partenza, comincia a salire. Il bar sotto i portici, qui a Sagliano, può essere una buona sosta caffè, ristoro e toilette. Il torrente appare alla vista subito dopo il paese. Di fronte a noi, in direzione nordovest, ecco comparire in lontananza il picco di Monte Tre Vescovi, 2201 metri, tra la Valle di Gressoney, la Valle del Cervo e la Valsesia. A Valmosca, dopo Campiglia Cervo, l’inequivocabile segnale “Panoramica Zegna”, dopo 41,8 km, a 867 metri di altezza, indica l’inizio della vera e propria risalita che segue un andamento latitudinale, parallelo alla pianura. La salita è morbida, i rapporti agili, la vista per lo più ampia.
Bocchette e valichi, nella prima parte, incanalano il vento da Nord. Il bosco si infittisce: l’aria potrebbe diventare più fresca. Da qui in avanti non si può sbagliare. I cartelli turistici Sassaia, Sella del Cucco indicano il lento avvicinamento alla meta. Nella stazione montana di Bocchetta Sessera, dopo 52,6 km, si trova una buona locanda con ristoro, di notte frequentata anche da civette e volpi. Partirebbe da questo spiazzo il percorso a piedi nel Bosco del Sorriso, faggi, larici, betulle e abeti rossi, mappato bioenergeticamente dall’esperto italiano di Forest Bathing Marco Nieri che misura il potenziale terapeutico degli alberi e che, con Marco Mencagli, ha appena pubblicato per Sperling e Kupfer La terapia segreta degli alberi.
Un mondo che in bicicletta, per il momento, sfioriamo e ci lasciamo alle spalle. Bisogna raccogliere infatti tutte le energie residue per lo strappo finale: nemmeno 4 km con punte del 14%, in salita. Il Bucaneve e il suo ristoro goloso ci attendono. Per la forest therapy occorre tornare nei mesi tra giugno e settembre, e immergersi nel bosco a piedi, prima della caduta delle foglie.