Difficile non lasciarsi sorprendere ogni anno da quell’ incantevole atmosfera del Marché Vert de Noël, il tipico mercatino natalizio di Aosta, allestito sino all’ 8 gennaio, sullo sfondo delle rovine del Teatro Romano, illuminato a giorno già alle prime ore del pomeriggio, quando comincia a calare il buio, smarrendosi, col respiro che si colora di bianco per il freddo, tra i cinquanta chalet odorosi di resina, che sono altrettanti inviti a spingersi a curiosare al loro interno alla ricerca di tipicità tutte valdostane: perché qui sai di trovare le migliori produzioni di Fontina d’alpage, (cercate quelle premiate al concorso 2016 e non avrete a pentirvene); come sai che riesce difficile rinunciare a un caffé alla Valdostana (bevanda corroborante anche a base di generosa grappa) bevuto in compagnia di amici, passandosi di mano in mano la Grolla, il classico recipiente in legno di noce o d’acero coi beccucci; e come non soffermarsi stupefatti, con gli occhi sgranati di un bambino, ad ammirare vetrine scenografiche di botteghe dal nome ricercato, vedi ‘Noël à créer’, un invito a riflettere sul tocco mancante per rendere perfetti gli addobbi delle feste?
E benché non offra gourmandises di ogni sorta e tantomeno raffinati decori natalizi, lo chalet dell’ Associazione Valdostana Maestri di Sci, resta tra i più frequentati: al suo interno noterete le eleganti divise rosse a strisce bianche, indossate dagli uomini, e quelle bianche con riporti neri, dalle donne; per la cronaca la linea si chiama EA7 ed è firmata Emporio Armani, una griffe che ha saputo trasformare, con tratti essenziali, una semplice tuta in un capo iconico, talmente il maestro di sci è reso riconoscibile sulle piste.
Questioni di stile a parte, nello chalet ci sarà modo di avvicinare i ragazzi alla pratica, anche agonistica dello sci, attraverso opuscoli e pamphlets messi a loro disposizione; ma anche di avere dei cenni relativi all’insegnamento della tecnica ’emergente’ del Télémark, l’antesignano dello sci, a cui si affianca quella più recente (e molto amata dai giovanissimi) dello Snowboard e del Freestyle. Inoltre sarà possibile venire a conoscenza del Safe Ski Project, un codice deontologico entrato di diritto nelle scuole (sorta di Bon Ton delle piste, per trasformare una vacanza sci-ai-piedi in un’esperienza gratificante ed esaltante), o ancora l’Aosta Valley Card, una inedita formula a misura di sciatore che nel pacchetto include condizioni vantaggiose per scoprire le eccellenze turistiche della regione, che siano rappresentate dalle terme, dunque all’insegna del Wellness, come da visite culturali, vedi il libero accesso al Forte di Bard, col suo bagaglio di storia. Sviluppando quelle sinergie intrinseche al turismo invernale.
Eppure è solo dopo una franca conversazione con Beppe Cuc, classe 1958, presidente eletto più volte a capo dell’ Associazione Valdostana Maestri di Sci, che si riesce a i tracciare, alla vigilia dell’incontro annuale al Teatro Splendor di Aosta, un profilo della professione, e più in generale una panoramica dell’evolversi degli sport invernali all’inizio del nuovo millennio.
Una professione, quella del maestro di sci, è bene ricordarlo, che ha origini lontane nel tempo: pensate il primo esame di abilitazione venne fatto nel ’32, al Clavière, in provincia di Torino, quindi in piena epoca fascista. Benché solo nel primo dopoguerra, era il 1949, l’Associazione sia entrata in piena attività come Organo tecnico consultivo dell’Assessorato Regionale al Turismo e come centro delle prime Scuole di sci organizzate nelle località turistiche più conosciute della Valle D’Aosta, quali il Breuil, Courmayeur, Champoluc, Gressoney. Nel corso degli anni l’Associazione è cresciuta, gli è stata attribuita la personalità giuridica, ed è stata, quindi, posta sotto la vigilanza dell’Assessorato Regionale del Turismo, Sport Commercio e Trasporti.
“Quanta strada dagli esordi della professione…”
“Ebbene si”, risponde Beppe Cuc.
“Anche se, meglio ricordarlo, i passi più importanti restano ancora da fare ”.
“Mi faccia almeno un esempio…”
“Le farò una confidenza; siamo quasi, e sottolinerei il quasi, sulla dirittura d’arrivo per quanto concerne la fatidica Carta europea del maestro di sci. Un progetto, questo, che ha visto la Valle d’Aosta schierata in primo piano per vederla promulgata. Un’autentica battaglia, durata anni e costata ore di riunioni, di discussioni, anche estenuanti ed innumerevoli spostamenti, per giungere finalmente al suo riconoscimento, che dovrebbe arrivare con la primavera del nuovo anno ”.
“ E che nei fatti si traduce…”
“In una cosa a lungo solo sperata. Mi creda. In pratica, un maestro di sci sarà messo nelle condizioni di poter insegnare ovunque nell’ambito della Comunità europea. La cosa può sembrare anche banale. Ma fare il maestro di sci richiede determinate competenze (non è certo come fare il cameriere a Londra, ndr) e solo i Paesi alpini e con loro Gran Bretagna, Belgio, Irlanda, e Spagna, finora condividevano un determinato percorso formativo che si concludeva con una doppia certificazione chiamata Eurosécurité ed Eurotest. Insomma una cosa seria. Altri Paesi, dall’ Ungheria alla Polonia, passando dalla Romania alla Bulgaria, dalla Croazia alla Lettonia, per citare solo alcuni esempi, ne erano esclusi. Ma per forza di cose. L’industria dello sci, se vogliamo, è ancora agli albori in certi Paesi dell’ Est (chiamati un tempo oltrecortina, ndr) ed inizia a svilupparsi solo ora. Dobbiamo considerare inoltre l’aspetto morfologico: in Ungheria ci sono dei campi di sci (inutile cercare di chiamarli comprensori) che hanno un dislivello di appena cento metri eppure sono solcati da piste baby con tanto di maestri di sci che insegnano i primi rudimenti ai piccoli sportivi. Che magari
un giorno diventeranno sciatori provetti. Chissà. Ma le competenze degli insegnanti sono diverse. E quando si ritrovano a gestire un gruppo di turisti su una montagna sopra i tremila metri, e la Valle d’Aosta è considerata non a caso il tetto d’Europa, con il Cervino, il Monte Rosa e il Monte Bianco, le cose cambiano ed occorre che gli sciatori siano messi sempre in sicurezza, in pista e soprattutto nel fuoripista. Da qui l’esigenza di avere delle regole in comune dettate dalla formazione e dalla certificazione del personale.”
“Quindi maggiore competenza per tutti, maestri di sci dei Paesi dell’Est compresi”.
“Direi di si”.
“E cos’altro si chiede, oggi, a un maestro di sci?”
“I tempi cambiano e paradossalmente c’è una curiosità maggiore per un modo nostalgico di sciare. Da qui l’esigenza di preparare professionalmente almeno un centinaio di maestri (non moltissimi in verità su un totale di 1600 persone) che insegnano l’arte del Télémark. Uno stile che incontra un certo tipo di pubblico a cui sarà dedicato il Primo Campionato Mondiale della specialità, a La Thuile (la prima settimana di febbraio).”
“Curioso…”
“Ed è cresciuto anche il team composto attualmente da 250 insegnanti formati alla pratica dello Snowboard. Perché se è vero che bastano pochi giorni per imparare a dominare la tavola (quindi a scendere a valle), per carpire appieno tutti i segreti della tavola, per approfittare al meglio di uno snow-park (e in Valle d’Aosta se ne contano dieci, come quello stupendo di Pila), occorre prima impossessarsi di una determinata tecnica di discesa. Unita a una discreta dose di disciplina ma anche di coraggio”.
“Cosa non facile…”
“No, anche perché oggi i ragazzi tendono a essere sempre più distratti, complice la tecnologia imperante: smartphone, tablet, Ipod, e quant’altro. Il che li porta a essere perennemente altrove con la testa. Lo sci in questo aiuta a migliorare la concentrazione e ad affrontare le sfide”.
“Si direbbe un manifesto..”
“Chissà, proprio ieri mi sono incontrato con l’Assessore all’Istruzione di Aosta e stiamo mettendo a punto un progetto che unisca lo sci allo studio. Ma di questo è ancora prematuro parlarne…”.
“Possiamo concludere anche così…”
“Se vuole”
“Mi piacerebbe sapere qual è il suo comprensorio preferito…”
“Domanda a cui non vorrei rispondere…”
“Ci provi”
“Quando il tempo me lo concede, insegno ancora a La Thuile, un comprensorio che giudico stupendo anche perché collegato con il domaine francese de La Rosière, ma le confesso che appena posso cerco rifugio nel comprensorio del villaggio alpino di Rhêmes Notre-Dame, un posto davvero incantevole nel cuore del Gran Paradiso. Peccato che sia ancora per pochi. Meriterebbe di essere più frequentato, in inverno come in estate. Lo scriva”.
“Fatto”.
AV
albert.valloni@neveglam.com